Intervista a Luigi Mazzella – Liberalismo Gobettiano
D (*). Su “Rivoluzione Liberale” è apparso un suo articolo intitolato “Gobettiani in Parlamento”. Cosa pensa di un tale titolo scelto dal giornale di un partito, quello liberale, che alle ultime elezioni in Sicilia ha fatto parte della coalizione di centro-destra? E’ il segno di un ripensamento?
R. Devo precisare che il titolo è quello suggerito da me. Scrivo su quel giornale da “indipendente” e la lungimiranza e intelligenza del suo Direttore mi consente anche critiche, neppure troppo velate, alle scelte del suo partito che non siano in linea con la tradizione antifascista dei liberali. In conseguenza dei raid dei teppisti fanatici di Mussolini sembra essere morto non solo Piero Gobetti ma anche Giovanni Amendola. Personalmente, non legherei mai il liberalismo agli eredi “ideali” del fascismo. Ma io non sono un “militante” liberale, continuerò a votare scheda nulla con un grande NO, non potendo aderire né a movimenti che fanno una protesta, pur sacrosanta, con modi beceri e non propongono una classe politica colta in modo adeguato per contribuire alla rinascita del Paese né a coalizioni di partiti che hanno dato l’avvio alla deriva antidemocratica tuttora in atto.
D. Si riferisce al Centro- Destra?
R. L’ho già scritto e ribadisco il concetto. Una forza politica che pone come suo obiettivo, elevandolo addirittura (e giustamente) a mito, il rispetto più assoluto della libertà individuale, può far finta di niente di fronte a una situazione d’egemonia di partiti che nell’ultimo decennio, hanno operato in modo da privare, con marchingegni elettorali del tutto incostituzionali, i cittadini italiani delle libertà politiche fondamentali (parità del voto di tutti gli elettori, senza alterazione della sua portata per chi voti per i “premiati” da una legge assurda; diritto di scelta dei propri rappresentanti, senza diktat dei segretari dei partiti politici e via dicendo).
D. Mi pare di capire: del centro-sinistra, ma anche del centro-destra?
R. Certamente la “mela marcia” è stata introdotta nel nostro menù avvelenato dal centro-destra. La cosiddetta legge Calderoli, da lui stesso definita più propriamente “una porcata” (da qui il termine “porcellum” usato dal politologo Giovanni Sartori) è stata ritenuta contraria alla Costituzione dalla Consulta ma, grazie all’intesa sotterranea tra centro-sinistra e centro-destra, continua a mantenerci in uno stato di piena deriva anti-democratica.
D. Ci fermiamo più a lungo su questo punto? Chiariamo meglio perché, a suo giudizio, siamo in una “palude” di illiberalismo.
R. Certo! La ragione è questa, a mio parere. Una Camera legislativa può essere eletta con un sistema di voto proporzionale o maggioritario; può, persino, avere, parzialmente, una derivazione diversa dall’elezione (si pensa alla Camera dei Lordinglese) ma non può essere alterata nella sua consistenza numerica da un aberrante premio di maggioranza. Si tratta di un marchingegno artificioso, che fa di una minoranza(vera) una maggioranza (falsa).
D. E’ il consueto trionfo del “fake” anche in tale materia? E le conseguenze?
R. Tutto ciò che deriva da queste premesse è “fake” a sua volta. Non può considerarsi un vero governo quello che non sia costituito da un partito (o da una coalizione di partiti) sostenuto/a da un numero di parlamentari inferiore al cinquanta più uno per cento dei votanti. Ora se per ottenere tale risultato, si regala un premio di maggioranza (che più propriamente dovrebbe denominarsi di minoranza, sia pure più consistente di altre) a candidati non effettivamente votati dai cittadini si fa un giochetto non dissimile da quello, famigerato, delle tre carte.
D. Insomma, lei vuole porre in luce la questione fondamentale della “rappresentanza” e dice: non si può qualificare “assoluta”, una “maggioranza” che non rappresenti, in modo reale ed effettivo, la parte maggiore di un “ tutto”. E’ così?
R. Certamente. “Maggioranza relativa” è soltanto un ossimoro, perché si tratta, invece, di una minoranza. Si ha, quindi, vera emergenza democratica quando, attraverso una legge illogica e irrazionale, si consente a una minoranza, (solo impropriamente definita “maggioranza relativa”) di governare contro una maggioranza di oppositori che, pur se divisi tra di loro, sono espressione, comunque, della volontà predominante dei cittadini.
D. Che fare, quando ciò avviene?
R. Se non vi sono mezzi giuridici, per porvi rimedio, si instaura, in buona sostanza, una dittatura: tutte le leggi che entrano nell’ordinamento giuridico sono fatte da quel manipolo di occupanti dei seggi parlamentari e sono, di norma, dirette, soprattutto, a perpetuare il loro potere.
D. Capisco: è difficile trovare qualcuno che faccia leggi per colpire se stesso.
R. E’ avvenuto così con il Fascismo: per debellarlo, con l’aiuto essenziale e risolutivo degli “Alleati”, il Paese ha dovuto subire una dura sconfitta e immani distruzioni, nel corso della seconda guerra mondiale.
D. Quali mezzi giuridici possono prevedersi?
R. Una Corte Costituzionale che dichiari illegittimi gli occupanti abusivi dei seggi parlamentari e indirettamente provochi nuove elezioni, secondo le prescrizioni che devono residuare, salvi piccoli accorgimenti di dettaglio, dalla sua sentenza. In un Paese senza vocazione all’autoritarismo, ciò si verifica senza traumi. In Italia, no! E’, invece, avvenuto che un Parlamento, dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Consulta, ha eletto per ben tre volte un Presidente della Repubblica, ha nominato giudici costituzionali e membri del Consiglio Superiore della Magistratura e approvato, addirittura, una riforma della Costituzione, di cui soltanto il popolo ha decretato l’aborto. Il Presidente della Repubblica, inoltre, anche se eletto da un Parlamento costituzionalmente illegittimo, oltre a nominare per suo conto altri giudici alla Consulta, ha anche dato l’incarico di governare il Paese a ben tre Presidenti del Consiglio. I Governi così formati hanno continuato a ottenere la fiducia (oltretutto, ripetutamente posta a fini tattici) per assicurarsi la permanenza nella stanza dei bottoni, da parte di un Parlamento che avrebbe dovuto considerarsi, dopo la pubblicazione della sentenza della Corte, privo dei necessari poteri. Un capo del governo, autodefinitosi Premier (per scimmiottare gli Inglesi e soprattutto l’amico Tony Blair), Matteo Renzi, ha addirittura promosso da palazzo Chigi una riforma costituzionale e una legge elettorale, entrambe di consueta competenza parlamentare, chiedendo e ottenendo dalle Camere di porre addirittura la fiducia sulla loro approvazione.
D. Un bel pasticcio! La ciliegina sulla torta sarebbe la ventilata ipotesi di un mantenimento in carica dell’attuale Governo, espresso da un Parlamento illegittimo, anche dopo lo scioglimento di quest’ultimo e dopo nuove votazioni elettorali.
R. Ciò, come ho già scritto, dovrebbe indurre gli Italiani, anche i più più pazienti, a ricordarsi di Cicerone e a pronunciare il famoso: Usque tandem?!
D. Lei dubita che lo facciano o ritiene che considerino finalmente colma la misura?
R. La seconda che ha detto. Il mito della fasulla e insincera “alternanza”, tra forze “partitiche” per nulla coese e oltremodo litigiose nella scelta delle iniziative legislative e amministrative da adottare è caduto e non inganna più neppure i creduli Italiani. Resiste ancora, quello altrettanto ingannevole della “governabilità” che finora è servita unicamente a fare leggi elettorali truffaldine per consentire ai governanti in carica di non uscire più dalla “stanza dei bottoni”.
D. Che fare per opporsi a un tale “sistema” che ormai è divenuto la cifra di riconoscimento della politica italiana?
R. Gente veramente e profondamente libera non rinuncerebbe mai all’ultimo straccio di libertà che le è rimasto, dopo le leggi elettorali liberticide del Centro-Destra e del Centro-Sinistra. Ma è tale l’italica gens?
D. Se lo fosse, cosa farebbe?
R. Accrescerebbe il numero delle forze politiche “anti-sistema”, condannando all’oblio tutti i partiti politici che sono stati protagonisti della finta alternanza Centro-Destra e Centro-Sinistra e che sono stati co-autori, in tempo diverso (in apparenza), nello stesso tempo (in buona sostanza) di leggi elettorali non dissimili dalla famigerata legge Acerbo di Mussolini: Porcellum, Italicum, Rosatellum.
D. Comprendo l’intransigenza “gobettiana”. Però oggi il PLI, anche se oggetto di un isolamento mediatico, non rappresenta una forza extra-parlamentare. Ha diversi requisiti di natura istituzionale. Infatti c’è una senatrice in carica che di recente si è iscritta al PLI. Fra i suoi requisiti c’è anche quello di poter essere destinatario delle libere donazioni del due per mille.
R. Sì! D’accordo! Sostanzialmente, però, è come se lo fosse. Il dato formale le impedisce di rompere con il suo passato di partito del sistema.
D. E in tempi lontani anche di governo!
R. Sì! E’ ora, però, di smetterla di sentirsi sterilmente nostalgica di un lontano passato “risorgimentale” (secondo alcuni storici revisionisti neppure tanto glorioso ed esaltato unicamente dalla monarchia fascista), e diventi, finalmente, un partito vivo dell’oggi con la possibilità di dire la sua parola nelle camere legislative, circa l’insopportabilità di un sistema che è divenuto, nell’ultimo decennio, illiberale e potenzialmente autoritario; smetta di fare la mosca cocchiera attaccata al dorso della coalizione di centro-destra, che va solo nella direzione in cui si muove il cavallo, guidato dalla sferza di un leader “padre-padrone” .
D. Non crede che parlare di mosca cocchiera comporti un giudizio molto severo sulle ipotesi di alleanze necessitate dalle leggi elettorali illiberali?
R. Una forza dichiaratamente libertaria non può rinunciare a entrare nell’agone parlamentare sol perché le forze politiche che nell’ultimo decennio hanno dato ampie e ripetute prove di essere illiberali e tendenzialmente autoritarie, rifiutano di offrire a essa un passaggio, su una modesta e sgangherata sella, in groppa ai loro rispettivi destrieri.
D. Allora il fatto che ciò avvenga potrebb’essere considerata una vera fortuna, data la direzione del viaggio?
R. Sì! Quella forza, però, deve fare di più. Ha il dovere, per rispetto di se stessa, di capire che in un sistema divenuto democraticamente asfittico, dove è diventata verosimile la difficoltà di cambiare aria, non si può persistere nel respirare l’aria mefitica, cinicamente erogata da gruppi politici che aspirano solo a non mollare le redini del governo del Paese.
D. E allora che deve fare atteso che la forza delle idee del Partito Liberale è anche la sua identità?
R. Semplicemente, schierarsi nel campo opposto ai partiti della tradizione, offrendo alla stragrande maggioranza degli Italiani che palesano, con l’astensione, la loro insoddisfazione per la piega politica del Paese che c’è una via alternativa sia al rifiuto di partecipazione (il non voto o la scheda bianca o nulla) sia all’adesione alla protesta chiassosa e piazzaiola. In altre parole: bisogna offrire agli Italiani, sinceramente disgustati dalla corruzione, dal cinismo, dall’opportunismo, dal pressapochismo, dall’ ignoranza, dalla protervia di uomini politici che hanno decretato il declino del Bel Paese, che si può protestare contro il malaffare e il malgoverno, anche senza ricorrere al turpiloquio politico e a chiassose manifestazioni di piazza.
D. Cosa chiederebbe a un partito che dovrebbe essere, al tempo stesso, d’ordine e di protesta?
R. Nella situazione di caos politico attuale, porsi contro un tale sistema dovrebb’essere un “must” per una forza politica, d’ordine, soprattutto se di antica tradizione democratica, libertaria, osservante dei principi e delle regole parlamentari, di buona correttezza amministrativa, immune da ipocrisie di falsi ideali (scritti, magari, con l’inganno facile delle lettere maiuscole) e, in buona sostanza, desiderosa di porre un argine alla bolgia dantesca che impera nella nostra “nave senza nocchiero in gran tempesta”, nel nostro “bordello” gestito da maitresse, insaziabili (naturalmente, di denaro).
D. Le condizioni perché ciò, realmente, avvenga?
R. Le ripeto ciò che ho scritto su Rivoluzione liberale”. E’ necessario che gli individui veramente liberi con responsabilità importanti nella vita civile, i “galantuomini” in doppio petto gessato o in tuta blu, i professionisti affermati o con l’ambizione di operare bene nella futura società civile, gli intellettuali che non hanno venduto la loro penna o la loro voce ai tycoon dell’informazione scritta o in video e che hanno rinunciato a ritenersi “organici” a ideologie condannate dalla Storia, i docenti dell’Accademia liberi dall’obbligo, erroneamente ritenuto “morale” di giurare sempre in verba magistri,abbiano la garanzia di votare per una forza politica che s’impegni a muoversi in un’orbita decisamente e dichiaratamente anti-sistema che li unisca e non li divida da compagni di strada che esprimono il cosiddetto “voto di pancia” con forme di protesta, magari chiassose, ma sinceramente ispirate ad amore per la libertà e per la democrazia.
*INTERVISTA DI ANTONIO PILEGGI
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