Cover book Che figure!  - il Belpaese raccontato con nomi e cognomi

“Che figure!  – Il Belpaese raccontato con nomi e cognomi”

Saro Freni, Rubbettino Editore, 2022

Recensione di Antonio Pileggi

 “Gli italiani non hanno costumi: essi hanno usanze. Così tutti i popoli civili che non sono nazioni.”  Due secoli fa, il 9 luglio 1823, Giacomo Leopardi esprimeva questo suo lapidario giudizio sull’Italia e sugli italiani.[1]

Leopardi, che è un gigante del libero pensiero non solo come poeta, ma come scrittore di opere immortali (vedi Operette morali e Zibaldone di pensieri), è morto prima dell’unità d’Italia. La nostra nazione è molto giovane: ha meno di due secoli di vita. E la nostra Costituzione repubblicana ha meno di 80 anni.

Il libro di Saro Freni, intitolato “CHE FIGURE – IL BELPAESE RACCONTATO CON NOMI E COGNOMI”, per i tipi di Rubbettino Editore, 2022, è una raccolta dei “ritratti” di personaggi dell’Italia contemporanea. Sono ritratti pubblicati in precedenza sul mensile “La Rivista di Locarno”. Inoltre, i ritratti sono arricchiti da commenti e osservazioni di natura politico-sociale che fanno di questo libro un significativo specchio degli usi e dei costumi dei tempi che viviamo.

Nell’opera di Freni troviamo descritto, con un piglio satirico di rara capacità espressiva, il declino politico-culturale che caratterizza il nostro tempo rispetto ai due momenti fondativi dell’unità nazionale: il primo risorgimento, cioè quello di Cavour, Mazzini Garibaldi etc., e quello del cosiddetto secondo risorgimento, cioè quello nato in occasione e per l’occasione della elaborazione della Costituzione repubblicana entrata in vigore nel 1948.

Nella quarta di copertina leggiamo che il volume “è una satira che prende di mira il teatrino della politica e quello dell’antipolitica, il giornalismo urlato e la tv spazzatura. E che descrive con amara ironia una società dello spettacolo – anzi dell’avanspettacolo – che tratta i pettegolezzi come se fossero questioni di Stato e le questioni di Stato come se fossero pettegolezzi.”

Ci sono libri da leggere e da rileggere. E ci sono libri che, dopo averli letti, bisognerebbe tenerli a portata di mano. Il libro di Saro Freni è il classico libro da leggere e da tenere a portata di mano perché ha il pregio dei componimenti, di amabile lettura come sono i libri satirici, che fanno sorridere e fanno riflettere confrontando i comportamenti dei soggetti descritti a distanza di tempo.

Saro Freni ha una qualità sempre più rara fra chi usa (e osa) scrivere e descrivere, con la penna della satira, personaggi e fatti dell’attualità politico-sociale.

L’ironia è una preziosa chiave di lettura di un’opera letteraria. Induce ad approfondire le riflessioni che lasciano un segno indelebile sui personaggi che affollano il teatro (e le relative recite) del mondo politico e televisivo.

I personaggi, con nomi e cognomi, entrati nel “teatrino” descritto da Saro Freni, fanno parte di un significativo album da sfogliare a distanza di tempo. Il tempo è galantuomo e ci farà riflettere sempre di più sugli aspetti essenziali (caratteriali) dei personaggi e dei fatti descritti nel libro. La forza della satira che caratterizza lo stile narrativo di Saro Freni rende piacevole la lettura e fa di questo libro un interessante punto di riferimento per riflettere sulla dinamica dei “costumi” che caratterizzano la scena politico-sociale del nostro Paese.

Segnalo che i personaggi descritti da Saro Freni, che è dotato di profonda e raffinata cultura, non sono solamente quelli che si trovano indicati nell’indice. I personaggi sono numerosi e sono citati mirabilmente e con efficace ironia in tutto il libro. Oso dire, al riguardo, che sarebbe stato molto utile predisporre in fondo al libro un apposito indice dei nomi. Avremmo a disposizione un bel “dizionario” (di nomi e di usi e costumi) da consultare all’occorrenza.

C’è da tenere presente che il libro è diviso i quattro sezioni la cui intitolazione è molto stimolante per la lettura ed anche significativa quanto ai contenuti descritti. Ma “molti ritratti potrebbero stare indifferentemente nell’una o nell’altra. E questo perché una suddivisione per mestiere – politici, personaggi dello spettacolo, giornalisti – non restituisce del tutto la complessità di un mondo in cui i giornalisti fanno politica, i politici fanno spettacolo e gli uomini di spettacolo fondano partiti. Quanto al titolo … – ‘Il Paese dei Pinocchi’ – potrebbe attagliarsi a tutte le categorie prese in considerazione.”

Ecco le intitolazioni delle quattro sezioni:

  • Prima sezione: Belpaese, brutta politica. Aspiranti statisti, aspiranti carrieristi, demagoghi, avvocati del popolo in mezzo al popolo degli avvocati. Il titolo è seguito da una frase significativa di Leonardo Sciascia (da “A ciascuno il suo”);
  • Seconda Sezione: La società dello spettacolo. Artisti, protagonisti e figuranti di un’Italia che somiglia sempre di più a ciò che vede in televisione. Segue una frase di Giovanni Sartori (da “Homo videns”);
  • Terza sezione: Sempre meglio che lavorare. Giornalisti, cani da guardia della democrazia (o cani da compagnia del potere?). Segue una frase di Piero Gobetti (da “La rivoluzione liberale”);
  • Quara sezione: Il Paese dei pinocchi. Racconto tragico, ma non serio di una democrazia a metà strada fra il tracollo e cinepanettone. La frase che segue è di Edward C. Banfield (da “Le basi morali di una società arretrata”).

Saro Freni ha un bagaglio di letture e di studi significativi. I quattro autori appena citati ci dimostrano l’appropriatezza dei suoi riferimenti culturali. Nel libro ne troviamo citati molti altri com’è il caso, ad esempio, del grande corsivista Mario Melloni, di Montanelli, di Brera, etc. etc.

Il suo Pantheon è ricchissimo e autorevole. E la sua penna, intinta nell’inchiostro della satira, dà prova di una tecnica narrativa di facile e appassionante lettura.

Ci sono battute a volte bonarie e a volte graffianti. Ma anche elogiative quando occorra evidenziare qualità e capacità positive e alternative alle qualità viziate da comportamenti criticabili. Dall’album dei personaggi descritti si potrebbe trarre una vera antologia di battute divertenti (e anche irriverenti), ma che comunque ci fanno percepire un’amara ironia dello scrittore. Uno scrittore che, in alcuni tratti, dimostra di essere dotato di spirito profetico non fantasioso, ma scaturito dall’analisi politico-sociale che fa da sfondo (e da premessa) al ritmo narrativo delle quattro sezioni che compongono l’opera.

Infatti, in parecchi casi la sua ironia, oltre a farci sorridere e a dimostrarci la sua rara capacità di usare un linguaggio colto e raffinato, diventa quasi profetica. Alcune situazioni politiche oggetto di esame critico e alcuni aspetti dei comportamenti dei personaggi, descritti magistralmente, finiscono per svelare l’avverarsi, nel tempo, di metaforismi non solo esilaranti nel “teatrino” della politica.

La satira, nella letteratura, ha una grande efficacia descrittiva. È figlia dell’intelligenza e del coraggio (il coraggio dell’intransigenza). Ed è nutrita dalla cultura (la conoscenza) idonea ad analizzare,  anche con indignazione, i fatti e i misfatti del potere costituito e della politica.

La semplice lettura di uno scritto ci fa comprendere il grado e l’intensità dell’intelligenza di un autore. Quanto ad intransigenza Saro Freni ne ha più che a sufficienza se consideriamo che è un estimatore di Piero Gobetti. Il Grande Gobetti ci ha spiegato che “c’è un valore incrollabile nel mondo: l’intransigenza.”

Dopo quest’ultima citazione mi limito a citare uno dei “casi” affrontati nel libro per un preciso motivo: si parla di Costituzione e, quando si “tocca” la nostra Carta, è sempre cosa buona e giusta (a mio avviso) introdurre qualche commento.

(pag. 83) …”E allora va a finire che un comico deve spiegare la Costituzione a cittadini che non la conoscono o non la comprendono, al punto che le regole fondamentali della nostra repubblica vanno fatte capire a botte di frizzi e lazzi, con quel tanto di retorica e di buoni sentimenti che ci si mette in questi casi, perché non c’è altro modo. Quando i comici devono parlare delle cose serie è perché chi sarebbe deputato a farlo ha deciso di prendere il loro posto.”

Queste osservazioni di Saro Freni mi inducono a sottolineare quanto sia stato e continui ad essere grave l’aver trascurato l’ordine del giorno di Aldo Moro, votato all’unanimità dall’Assemblea Costituente  l’11 dicembre 1947 per chiedere “che la nuova Carta Costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano.”

Colgo, altresì, l’occasione per ricordare un fatto poco pubblicizzato dai media, ma molto importante. Nel 2006, in occasione del sessantesimo anniversario della Repubblica Italiana e a sessant’anni dall’inizio dei lavori dell’Assemblea costituente, è stato assegnato il premio Strega speciale alla Costituzione italiana come “sorgente viva e preziosa per rendere l’intero tessuto sociale e istituzionale conforme ai principi fondamentali che essa enunzia.” Nella motivazione del premio si legge che “la nitidezza di tali principi, rara in testi normativi, è, come sappiamo, frutto anche di un’alta tensione espressiva. Una tensione non fine a se stessa: essa ha consentito e consente alla Carta di parlare per tutte e a tutte le coscienze, come sanno fare le opere più alte della nostra letteratura.”

Vorrei concludere queste mie riflessioni, che scaturiscono dopo aver letto d’un fiato il bel libro “Che figure!” (col punto esclamativo), di sollecitare l’autore Saro Freni e l’Editore Rubbettino di farci sapere quando troveremo nelle librerie la prossima “puntata” sulle “figure” del mondo della politica e dello spettacolo televisivo.

La satira, quando lieve e quando più graffiante, diventa col tempo una analisi politica che si valorizza molto con il passare del tempo. Perché nel tempo diventa storia dei costumi.

Antonio Pileggi

[1] Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri, Volume secondo, pag. 829, Arnoldo Mondadori Editore, Verona, Ottobre 1972.

Antonio Pileggi